Ho conosciuto Nat Scammacca come collega e amico, e ho avuto l’onore di diventare il protagonista di una delle sue novelle.
Per diversi anni ho lavorato con Nat in una scuola di inglese a Palermo, dove dava lezioni ad alunni di ogni livello e età, sempre con lo stesso slancio e impegno. Ricordo in particolare il modo in cui riusciva a impegnare ed entusiasmare bambini e ragazzi, forse perché riconoscevano il fanciullo che vi era in lui; infatti la sincerità, la passione, direi quasi l’ innocenza erano alcuni fra i tratti che per primi spiccavano nel suo carattere. Nat cercava in ogni modo di sottrarsi alla schiavitù che impone il libro di testo, e ogni suo intervento didattico portava l’impronta della sua personalità: le parole delle canzoni cantate in classe erano scritte dal lui, forse anche le melodie che le accompagnavano, ma quest’ultimo fatto non sono mai riuscito ad appurarlo.
Come amico era sincero e generoso, sempre pronto a incoraggiare e a dare consigli disinteressati . L’unico suo difetto era in realtà un pregio: la sua tendenza, frutto della sua generosità e umanità, a cercare di accoppiare nell’ospitalità persone che forse senza il suo pressante invito avrebbero preferito non stare insieme.
Non posso parlare delle sue doti come scrittore, poiché sono palesemente prevenuto. Grazie a lui sono diventato, per l’unica volta in vita mia, protagonista di una novella. In un capitolo di Bye Bye America, Nat parla della grande soddisfazione che aveva provato a introdurre i suoi studenti americani alla lettura dei primi dieci libri di Livio. Poi, cercando di trovare la seconda decade dello storico latino, aveva provato uguale frustrazione, rabbia e stupore nel constatare che nessuna biblioteca della grande città di New York era in grado di fornirgli tali volumi. Soltanto molti anni dopo, in Sicilia, ha saputo da me, arido latinista, che quei libri erano scomparsi da secoli, e che ritrovarli era stato il sogno di numerosi studiosi. In questa novella mi prende in giro con estremo e ineffabile garbo, ma allo stesso tempo prende in giro sé stesso, perché alla fierezza con cui sosteneva le sue idee e gli ideali in cui credeva, Nat univa slancio, innocenza, autoironia e umiltà.
Neville Greenup