OMAGGIO A NAT SCAMMACCA
di
Dino Grammatico
Il mio primo incontro con Nat Scammacca avvenne in tempi lontani, prima ancora che sposasse Nina. E a presentarmelo fu il direttore del Museo Pepoli di allora, il prof. Enzo Scuderi, che poi doveva diventare Soprintendente alle gallerie e alle belle arti della Sicilia.
Ad esso seguirono degli incontri, non frequenti per la verità, aventi come tema la poesia. Poi, negli anni Sessanta, quando io da Sindaco di Custonaci lanciavo, assieme a Miky Scuderi e a Lucio Zinna, le manifestazioni culturali della Sagra nazionale del Marmo, e inserìi nei recitals alcune sue poesie; e Lui, a sua volta, nelle lezioni che teneva a Palermo in un college, ne approfittava per leggere alcuni dei miei versi che nel frattempo avevo pubblicato, editore Flaccovio, nel volume Cielo nudo.
Mentre però si registravano intese nel campo della poesia, restavano tra Lui e me, profonde differenze di ordine politico che spesso Lui faceva valere con battute polemiche. Battute che comunque non intaccavano la stima personale.
E in merito debbo dire qualcosa che mi doveva profondamente commuovere.
Nat era un uomo di assoluta schiettezza e sincerità. E alcuni anni fa, quando era ancora vivo il prof. Li Muli che teneva una specie di cenacolo letterario a cui lui partecipava assieme a mio cognato, il preside Nello Lombardi, pregò mio cognato di riferirmi che era dispiaciuto di avere a volte polemizzato con me sul tema del fascismo e che comunque si era sbagliato nell’impersonare in me le concezioni negative che lui aveva del fascismo.
Anche negli ultimi tempi continuammo ad incontrarci nelle manifestazioni culturali. E in una di esse mi manifestò la sua gratitudine per avere io pubblicato il libro di Renato Lo Schiavo sulle origini siciliane, e più esattamente trapanesi, dell’Odissea: un’altra delle sue battaglie combattute profondendovi tutte le sue energie. Ricordo infatti che fu anche promotore assieme a Renzo Vento di un importante convegno tenuto al Park Hotel (allora) di Trapani.
L’ultima volta che ci incontrammo fu proprio, qui, a Villa Scammacca, lo scorso anno, in una specie di simposio di poeti. Ma era già molto provato dalle sue condizioni di salute. Non pensavo comunque che non l’avrei più rivisto. Purtroppo così è stato. La notizia della sua scomparsa peraltro mi ha raggiunto mentre ero fuori di Sicilia.
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Al di là delle testimonianze personali ritengo però che noi dobbiamo guardare a lui e cercare di affermare la personalità come poeta di chiara validità e come protagonista principale di quel movimento dell’Antigruppo che, comunque lo si consideri, resta nel Novecento letterario siciliano e italiano uno dei più importanti movimenti di valorizzazione della poesia della cosiddetta periferia e inoltre di contestazione delle baronie editoriali e della critica.
Suoi, i 21 punti enucleati per Una possibile poetica per un Antigruppo,
peraltro illustrati in quel foglio culturale che in seno al “Trapani Nuova”, sotto la sua redazione, divenne un notevole strumento di battaglia per l’affermazione e il rinnovamento della poesia.
E sua, l’opera di coordinamento di poeti come Santo Calì, Vincenzo Di Maria, Alfredo Maria Bonanno, Pietro Terminelli, Crescenzio Cane, Ignazio Apolloni e tanti altri e, in provincia di Trapani, Rolando Certa, Gianni Diecidue, Franco Di Marco, per citarne solo alcuni.
Io ho cominciato a farlo nelle manifestazioni culturali che organizzo.
Sono peraltro lieto di avere potuto pubblicare con l’Isspe, nel libro di Salvatore Mugno, il Novecento letterario trapanese, uno dei suoi saggi sull’Antigruppo che è certamente un documento importante per la storia letteraria di domani.
Penso che dovremmo muoverci tutti su una tale strada. Anche per rendere il dovuto omaggio a questo poeta e innovatore italo-americano che spese tutto se stesso nel nome della Poesia.